Momenti della ricezione ‘teologica’ del Timeo di Platone fra XI e XII secolo. Manegoldo di Lautenbach e Pietro Abelardo su Platone, Timeo 28c3-5

Ivan Adriano Licciardi

Abstract


Questo studio riguarda la ricezione di Platone in due magistri operanti a cavallo fra XI e XII secolo, Manegoldo di Lautenbach e Pietro Abelardo. In particolare, viene qui indagato sulla possibilità di valersi della cosmologia di Platone in ambito teologico, con particolare riferimento a un passo del Proemio del Timeo, cioè 28c3-5. Si tratta di un passo platonico assai problematico, perché ritenuto ambivalente circa un problema particolarmente sentito dagli intellettuali del periodo considerato, e cioè circa la possibilità del darsi di una teologia a tutti gli effetti razionale, ovverosia di una scientia divina. Come si cercherà di mostrare, Manegoldo e Abelardo, rispettivamente nel Liber contra Wolfelfum e nella Theologia Summi Boni, muovendo da angolature differenti o, meglio ancora, da prospettive storico-culturali per certi versi agli antipodi tra loro, hanno messo a tema, negandola, la possibilità di un utilizzo ‘teologico’ del Timeo (il primo ricusando sic et simpliciter le dottrine esposte nel dialogo di Platone, il secondo – invece – difendendo una interpretazione allegorica e non letterale del testo platonico), giungendo a una lettura sostanzialmente convergente – anche se, si potrebbe asserire, per eterogenesi dei fini.



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ISSN: 2281-3209                DOI Prefix: 10.7408

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